Il mondo del lavoro è cambiato.
È cambiato molto prima che arrivasse la pandemia e prima della crisi economica.
I cambiamenti che ho individuato sono tre e voglio sintetizzarli per te perché è di fondamentale importanza conoscerli e comprenderli.
1) Il nuovo mondo del lavoro è globale ed è interconnesso perché per esempio:
- un’azienda che ha una sede operativa qui in Italia può avere una proprietà che proviene da un’altra parte del mondo;
- un’azienda tutta italiana può produrre beni e servizi che invia in tutto il resto del mondo. Pensa ad esempio alle nostre eccellenze agroalimentari: sono su tutte le tavole del mondo;
- un’azienda tutta italiana ha manodopera che proviene da tutto il mondo. Pensa ai ristoranti: hanno manodopera proveniente, davvero, da tutto il mondo;
- un’azienda italiana può essere di proprietà di cittadini stranieri, ma avere anche operatori stranieri e assumere operatori italiani che con loro lavorano a stretto contatto;
- noi italiani possiamo lavorare in tutto il mondo. Trasferirci dall’altra parte del mondo per lavorare o avere un lavoro che ci porta a viaggiare costantemente.
In sostanza noi lavoriamo in un contesto e in un mondo del lavoro che per quanto sia in Italia non è solo italiano. Ciò che facciamo qui in Italia lo facciamo per il mondo. Così avviene ovunque.
Tutto ciò è causa di altre caratteristiche che il mondo del lavoro ha assunto. Questa interconnessione globale rende il mondo del lavoro liquido e fluido.
Ecco qui la seconda caratteristica:
2) il nuovo mondo del lavoro cambia in continuazione, non sta mai fermo.
Ti faccio alcuni esempi:
- perché in un mondo del lavoro globale ciò che accade in un altro Paese può influenzare comunque la nostra economia. Pensa a un crollo di Wall Street per ragioni politiche interne americane. Quel crollo ha comunque un’influenza sulla capitalizzazione delle aziende che sono quotate nella nostra Borsa. Quel crollo di Wall Street, quando in Italia sono le dieci di sera, causerà il giorno dopo un crollo della nostra Borsa. Un crollo di Wall Street, in alcune condizioni, potrebbe addirittura farmi perdere il lavoro o trasformare il lavoro che svolgo. Pensa a una multinazionale americana che ha sedi in Italia: se perdesse gran parte del suo valore, potrebbe decidere di chiudere alcune sedi estere;
- a caso, ma ogni riferimento a fatti o persone è davvero casuale, anche a un Virus che parte dalla Cina è in grado di sconvolgere la nostra vita quotidiana. Eppure, fino a qualche mese fa, non ne conoscevamo l’esistenza e pensavamo che qui non sarebbe mai arrivato, proprio come accadde per la SARS, eppure dopo alcuni anni, diverse condizioni sono mutate e tenerne conto ci avrebbe fatto capire che così non sarebbe stato: oggi gli spostamenti aerei di cose e persone sono cresciuti di molti milioni di unità;
- perché un cambio di normativa o l’introduzione di un dazio doganale in un altro Paese, può fare in modo che esportare il mio prodotto in quel Paese sia meno conveniente. Allora dovrò cercare nuovi mercati, magari cambiare le ricette dei miei prodotti, e magari lo farò servendomi di altri produttori. Quelli che avevo, a causa di quel dazio doganale, potrebbero perdere la loro maggiore commessa. In tanti potrebbero perdere lavoro per qualcosa di cui magari avevano letto distrattamente sui giornali.
In sostanza, nel mondo del lavoro di oggi, così come viene descritto dall’effetto farfalla, un piccolo cambiamento da un’altra parte del mondo può portare dopo pochissimo tempo, il mio lavoro quotidiano a cambiare. Può portarmi a perderlo, o può portarmi nuove opportunità!
Il fatto che il mondo del lavoro sia interconnesso, globale e fluido, genera un’altra caratteristica che impregna il nuovo mondo del lavoro.
Sì, perché il teletrasporto non lo hanno ancora inventato!
Quindi, il fatto di dover restare sempre connessi e comunicare con il resto del mondo, spinge il nuovo mondo del lavoro a essere Tech-add. Cioè, impregnato di tecnologia.
Ecco la terza caratteristica:
3) Il nuovo mondo del lavoro è Technology Addicted.
La tecnologia è ovunque. In qualsiasi lavoro noi facciamo è diventata fondamentale.
Pensa allo smartworking. Pensa a una qualsiasi fase produttiva di una qualsiasi azienda.
La tecnologia è ovunque: timbriamo il cartellino e i nostri dati vengono inviati a un server al quale accede un nostro collega delle risorse umane per calcolare il nostro stipendio mensile e capire quanti giorni di ferie ci restano; dobbiamo produrre un bullone e usiamo un robot; dobbiamo impacchettare, spostare la merce, marchiarla...
Per tutto c’è una macchina e una tecnologia ad aiutarci.
I lavori, tutti i lavori, cambiano con una rapidità che spesso sottovalutiamo. E sottovalutarla non ci fa accorgere di troppe cose, e una di queste è il fatto che la professione che svolgiamo cambia giorno dopo giorno, anche se di poco, e da un giorno all’altro potrebbe sparire il modo in cui continuiamo a svolgerla e ciò potrebbe lasciarci fuori dal mercato del lavoro.
Da qui si genera una conseguenza che influenza totalmente e globalmente il nostro mondo del lavoro: chi non usa la tecnologia ha difficoltà a restare sul mercato. Sì, proprio nel mercato. Che si parli di aziende o di lavoratori il discorso è uguale.
Ti faccio un esempio e per farlo parto da uno dei lavori meno tecnologici: il fabbro. Cosa è un fabbro e cosa fa? Facile: è un artigiano che costruisce manufatti artistici in ferro. Se ci pensi, lavora il ferro con tecniche che risalgono all’Età del Ferro. Alla Preistoria, dunque. Il suo lavoro potrebbe sembrare immutato da secoli.
Però, c’è un però che si porta dietro una domanda: le tecniche di vendita che utilizza, sono rimaste le stesse? Ahimè, no. Sono cambiate tantissimo in mille anni.
Durante il Medioevo aveva una piccola bottega al centro del villaggio. Era l’unico artigiano del villaggio a lavorare il ferro. La sua bottega stava nella piazza principale e tutti sapevano dove trovarlo. Ora corriamo e facciamo un salto di novecento anni. Alla fine, la sua bottega si è spostata in città. In una zona qualsiasi di una città qualsiasi. Sono arrivate le insegne, grandissime, la pubblicità cartacea o su qualsiasi altro media. Più il fabbro si faceva vedere, più ingrandiva la sua bottega, più possibilità di vendita aveva. Negli anni Ottanta aveva una bottega gigantesca con una zona espositiva enorme. La gente doveva entrare e scegliere tra mille oggetti a disposizione e trovare quello giusto. Ma negli ultimi dieci anni è cambiato tutto. In questo breve lasso di tempo, solo dieci anni, le sue tecniche hanno avuto almeno due rivoluzioni. Il fabbro è passato dal negozio fisico al Market sul Web, per poi arrivare ai Social market.
Quindi, lasciamelo dire, il lavoro del fabbro, non è più lo stesso.
Le competenze che l’artigiano ha acquisito per utilizzare queste nuove tecniche di vendita, modificano nel complesso la sua figura.
Oggi, il fabbro, così come qualsiasi altro artigiano, è anche (o soprattutto) un “comunicatore”.
Eppure, poche righe fa, avremmo detto che il suo lavoro era un lavoro da uomo primitivo. Per dirla tutta, quelle competenze in comunicazione e vendita dell’artigiano di oggi, sono quasi più importanti di quelle che gli consentono la produzione degli oggetti.
La creazione inimitabile e artigianale, se comunicata e promossa male, da sola e senza tecnologia, vende molto poco. Qualsiasi lavoro artigianale ha acquisito una buona parte di lavoro di comunicazione e, quindi, di tecnologia.
Oggi l’artigiano è un comunicatore! Altrimenti, deve pagare qualcuno perché comunichi i suoi prodotti in modo professionale, utilizzando il Web e i Social.
Oggi, possiamo dirlo con tranquillità, tecnologia e comunicazione sono inseparabili. L’Industria 4.0, per esempio, si fonda su questo assunto.
La stessa ricerca del lavoro è un mix di tecnologia informatica e comunicazione corretta da parte delle aziende e dei candidati.
Tecnologia e comunicazione, oggi, hanno un rapporto stretto in ogni professione. Con la tecnologia, l’artigiano non ha più bisogno di comunicare ciò che fa a quante più persone possibili e indiscriminatamente. Ha la possibilità di ritagliarsi la sua nicchia. Qualche persona in ogni parte del mondo può essergli più che sufficiente per portare avanti la sua attività e guadagnare discretamente.
La globalizzazione è anche questo: Internet, se sfruttata con coscienza e conoscenza è un’opportunità. Anche per un lavoro artigianale.
Non voglio, però, che tu pensi che sia solo un caso e che io sia stato fortunato a trovare l’esempio giusto. Quindi, te ne faccio un altro: il contadino. Anche per il contadino è esattamente la stessa cosa. È un altro esempio di lavoro che sembra poco tecnologico. Potrebbe pure sembrarci che meno tecnologia utilizza e più il suo prodotto sia sano. In realtà, però, per stare sul mercato, il piccolo coltivatore diretto, piuttosto che portare le sue cassette di frutta al mercato, può utilizzare la tecnologia per creare e gestire gruppi di acquisto su WhatsApp o su Telegram. Può farsi pubblicità sui Social.
Oggi, il contadino che è un coltivatore diretto e riesce a vendere e a guadagnare da ciò che produce, pubblica le foto dei suoi prodotti su Instagram. Se lo fa bene, non deve più portare i suoi prodotti al mercato: può venderli direttamente nella sua piccola azienda o nel suo campo. Così il cliente può vedere il luogo dove viene prodotto ciò che mangia e riuscirà ad essere ancor più fedele al suo contadino. Quindi?
Ebbene sì, quindi, anche nel caso del contadino, la tecnologia diventa fondamentale per migliorare le sue tecniche di vendita e restare sul mercato.
Torniamo alla tecnologia e guardiamo il settore agricolo in generale. Un coltivatore di oggi che vuole avere una grande azienda agricola e guadagnare in un mondo dove le risorse naturali sono sempre più scarse, deve utilizzare l’agricoltura tecnologica. Non ha altro modo. Deve utilizzare l’agricoltura idroponica, senza terra. Oppure i droni per verificare lo stato di crescita e salute delle sue coltivazioni. In sostanza, manco quell’idea di agricoltura dove agricoltura è uguale a “pianta + terra + acqua” esiste più. Oggi l’agricoltura tecnologica ha più aria che terra, più aria che acqua. I territori e gli imprenditori agricoli che si preparano attivamente a questo cambiamento hanno un’agricoltura e un allevamento floridi, in grado di generare profitti e lavoro.
Non vorrei parlarti sembrandoti un guru dedito a questioni ambientali, ma oggi la salvaguardia degli ecosistemi rurali diventa una questione fondamentale da affrontare sia per la lotta ai cambiamenti climatici sia per la costruzione di opportunità lavorative diffuse a tutti i livelli territoriali. E la questione la si deve affrontare ancora una volta diffondendo buona tecnologia e competenze. Così deve essere anche per gli altri sistemi economici. Diversamente si continuerà a pensare che solo le città e le fabbriche siano luoghi immaginari dove si può creare, offrire e ricercare lavoro.
Bene, se il nuovo mondo del lavoro è veloce e complesso, intriso di tecnologia e comunicazione, allora ti chiederai come sia possibile trovare lavoro oggi. Se tutto corre in modo quasi incomprensibile all’interno di un cavo dati, forse c’è qualche trucco tecnologico che bisogna conoscere.
Forse starai pensando che per trovare lavoro bisogna utilizzare l’algoritmo giusto che ti consenta di contattare quante più aziende possibili e inviare quanti più CV…
In realtà, se facessi così, ti staresti affidando alla fortuna e come ti ho già spiegato, se vuoi trovare lavoro, non è ciò che devi fare.
Ti serve un metodo.
Voglio seguire il filo del discorso: restiamo concentrati sul fatto che oggi sia davvero possibile trovare lavoro qui in Italia e in un mondo del lavoro che ha le tre caratteristiche che poco sopra ti ho descritto.
Te lo dimostro con un numero: 2.400.000. Sì, due milioni e quattrocento mila.
Sai che numero è? È il numero delle offerte di lavoro che il sistema della domanda e dell’offerta di lavoro ha certificato in Italia nel 2019. Il dato è pubblico e lo trovi tra i documenti editi dal CEDEFOP, l’Agenzia Europea che si occupa di formazione professionale e studia il mondo del lavoro.
Questa Agenzia europea, tra le altre cose, ha ideato il Curriculum “Europass”, il cosiddetto “curriculum in formato europeo”.
Il fatto per cui ti ho dato questo numero è simbolico. Sai perché?
Perché se prendi i dati Istat e controlli quanti disoccupati c’erano in Italia a fine dicembre 2019, scoprirai che erano due milioni e quattrocento mila.
Quindi, i disoccupati nel 2019 erano proprio quante le offerte di lavoro.
È vero, il numero parla dell’Italia. Preso così nella sua essenza non ci spiega in quali regioni fossero le offerte. Nasconde persino quali tipologie di offerte fossero presenti. E non è neppure vero che vengono offerti tutti i posti di lavoro. Diversamente, infatti, con alcuni correttivi, potremmo dire che l’Italia è un Paese con una possibile disoccupazione a tasso zero. Non nascondiamocelo, sappiamo che non è così. Sono ricercate solo determinate figure e in determinati luoghi. Ad aumentare la difficoltà, chi perde lavoro dopo una lunga esperienza ultradecennale, affidandosi ai canali ordinari, trova estrema difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro.
Di sicuro, però, questo numero ti suscita un ragionamento che è corretto: il lavoro, anche in Italia c’è. Non sappiamo quale sia e se sia proprio nella tua Regione. Anche se fosse in un’altra, però, ti basterebbe capire quali figure sono ricercate, proporti per una di quelle. Se non dovessi essere ancora pronto, potrebbe bastarti il percorso formativo giusto perché la persona adatta possa diventare proprio tu.
In questo numero, due milioni e quattrocento mila sta la vera ragione di questa guida.
Il problema più diffuso di chi cerca lavoro e non lo trova è questo: imparare a cercare lavoro.
Ogni professionalità, ogni contesto, ogni età, necessità di strategie differenti. Ecco perché ho costruito questo metodo: perché è necessario che ciascuno, per la propria condizione personale, fatta dalla somma delle proprie competenze, della propria esperienza pregressa e del luogo in cui risiede o vuole lavorare, costruisca una sua personale strategia.
In sostanza, quasi tutti abbiamo questo problema gigantesco da risolvere: imparare a leggere il contesto, imparare a leggere le nostre competenze, capire a quale professione corrispondono le nostre competenze lì, in quel luogo dove noi vogliamo lavorare.
Se vuoi davvero imparare a cercare lavoro, se vuoi trovare il lavoro che fa per te e per le competenze che possiedi, quindi, non puoi lasciare al caso la tua ricerca: ti serve un metodo preciso che ti permetta di costruire un obiettivo ben delineato e ti porti a un risultato probabile e, quindi, certo.
Ora sei pronto per imparare il mio metodo!